Ancora degrado e rifiuti di ogni tipo infangano la nomea e la salubrità del lago Miseno. Un bacino lacustre, conosciuto anche come “Maremorto”, separato dal mare da una barra sabbiosa e comunicante con esso attraverso due foci. La prima, lunga 250 m è ubicata in prossimità dell’abitato di Miliscola ed è soggetta ad interramento dovuto a fenomeni di erosione; mentre la seconda, con una lunghezza pari a 100 m e comunicante con il mare attraverso la baia di Miseno, presenta problemi di ridotto deflusso sulla costa dove la profondità si riduce a circa 30 cm ed è completamente ricoperta da sedimento sabbioso compatto. Un lago, individuato come Sito di Interesse Comunitario proposto (pSIC), ormai da troppo tempo sofferente per gravi problemi di inquinamento. Condizione per la quale già nel corso degli anni ‘80 l’Università di Napoli, per volontà della professoressa Maria Rigillo Troncone, eseguì delle prime campagne di monitoraggio. Opera, poi continuata ad inizio millennio dal centro di studi “Enea” su committenza di governo della regione Campania, con la quale si individuarono una serie di peculiarità delle acque lacuali: elevato grado di trofia, elevate concentrazioni di clorofilla, un deficit d’ossigeno dovuto agli ex scarichi di acque reflue ad alto carico organico, presenza di azoto ammoniacale e nitrico ed intense concentrazioni di coliformi fecali. Una situazione di pericolosità che condusse i tecnici e le amministrazioni bacolesi ad interessarsi seriamente alla salubrità di un bacino lacustre sempre più maleodorante e ricco, presso i propri fondali, di materiale altamente pericoloso. Operazioni di bonifica, costate 6200 milioni di lire, con cui si realizzò un collettore circunlacuale atto alla raccolta delle acque reflue e al loro convogliamento verso il discusso e vituperato depuratore di Cuma-Licola e si appaltò un lavoro, progettato per ripristinare un efficiente scambio idrico tra le acque della laguna e il mare in modo da avere un adeguato ricambio e un netto miglioramento della capacità di ossigenazione della laguna stessa, per il riutilizzo idraulico delle due foci del lago Miseno. Una progettualità alla quale, nonostante un primo intervento di riqualificazione portato avanti durante la prima giunta dell’ex sindaco Antonio Illiano, non è mai stata portata a conclusione, garantendo in tale modo l’insostenibilità dei propri fondali. D’altronde, basti pensare che anche dallo stesso sito ufficiale dell’Ente parco Campi Flegrei, organo deputato alla salvaguardia del bacino lacustre sovracitato, ancora oggi si legge che: “Il lago Miseno soffre purtroppo di una forte eutrofizzazione, dovuta all'inquinamento da scarichi fognari ed – continua il comunicato diramato dall’ente presieduto dall’architetto Franceso Escalona, ex assessore del comune di Bacoli all’epoca della bonifica- alla quasi completa ostruzione delle foci”. Una palese e manifesta descrizione che è palesata dalla miriade di materiale arrugginito, tra cui bidoni, grossi contenitori e tubi di vecchia data, tutt’ora visibili dalla moderna e “avveniristica” pista ciclabile stante lungo gran parte del perimetro del lago.
29/10/2009
Cronache di Napoli
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