Un complesso termale d’epoca romana, rivalutato ed ampliato in età borbonica, lasciato in uno stato di palese abbandono. Vasche atte al raccoglimento di una sorgente d’acqua termale la cui temperatura è costantemente pari a 38 gradi. Liquidi benefici le cui proprietà organolettiche sono le medesime di quelle utilizzate nel vicino comune di Casamicciola Terme. Una serie di possibili fattori di sviluppo e di reperti archeologici d’inestimabile valore, da tempo conosciuti col nome di “Grotte dell’Acqua”. Strutture attualmente posizionate tra via Cuma ed il lago Fusaro, costituite da due ambienti rettangolari d’epoca romana, voltate a botte, nel maggiore dei quali sgorga una fonte geotermica. Reperti, ancora oggetti di parziali indagini archeologiche e dai quali si evincono i resti di un’antica villa patrizia d’epoca medievale, separati dalla moderna via Cuma e oscurati dalle moderni domicili di nuova costruzione. Uno stato di cose al quale va ad aggiungersi una decennale condizione di degrado, manifestata dalla presenza di rifiuti ingombranti, erbacce alte quasi due metri e residui di alcuni prefabbricati inutilizzati. Entrando, subito dopo aver superato il distributore di benzina della Q8 da pochi giorni posto sotto sequestro dagli uomini della guardia forestale, ci si imbatte in una serie di muretti un tempo utilizzati da un vetusto lavaggio per autovetture. Uno spiazzale per gran parte di proprietà privata, ricoperto da una folta vegetazione spontanea, grosse condutture abbandonate ed usualmente utilizzate per la strutturazione di un sistema fognario e da due fatiscenti baracche prive di custodia. Circa 60 metri d’incuria atte a nascondere lo splendore delle “Grotte”. Costruzioni evidentemente pericolanti sostenute all’interno da una decina di pali completamente arrugginiti. Spazi ed archi volutamente edificati dalla dinastia borbonica, all’interno dei progetti con i quali si provvide alla realizzazione di una spessa banchina tutt’intorno al lago Fusaro, che ricoprono gli interni sotterranei d’epoca romana. Un lago, da tempo rinomato per lo stato di degrado e d’inquinamento nel quale si ritrovano i suoi fondali, posto in comunicazione con le acque sorgive dell’impianto sovracitato mediante un antico servizio di canali. Bacino lacustre stanziato proprio all’esterno delle volte e portatore di un liquido puzzolente, marrone e segnato da un inquietante divieto di pesca, tutt’oggi non rispettato dai numerosi pescatori ancora presenti in loco. Esterni ancor più simbolici se si fa attenzione alla presenza di una cartellonistica esplicativa e descrittiva, naturalmente inutilizzata ed imbarbarita da atti vandalici, posta lì da due enti di fama nazionale e regionale: Miribilia ed Ente Parco. Il primo è un progetto atto alla rivalutazione ed all’illustrazione dell’intero patrimonio artistico nazionale, messa in essere mediante l’utilizzo di appostiti panelli. Il secondo, invece, dovrebbe essere l’ente preposto alla salvaguardia non solo dello stesso impianto termale, ma anche del limitrofo lago, troppo spesso deturpato dall’acclarata e già denunciata presenza di scarichi illeciti.
25/10/2009
Cronache di Napoli
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